Le immagini del cambiamento

di Michele Widenhornalberi
Nella mia professione vengo considerato un promotore di cambiamento. Coloro che incontro sono sempre in una fase di crisi, un momento in cui tutte le strategie che fino a quel momento sembravano poter rispondere ai quesiti della vita ora non funzionano più. Qualcosa è intervenuto nella loro vita e ha spostato, anche di poco, i pesi che la tenevano in equilibrio, qualunque esso fosse. E così chiedono aiuto. Non chiedono di cambiare, chiedono di stare meglio, come se le due cose fossero indipendenti l’una dall’altra, perchè l’idea di cambiare, spaventa tutti. Ora sono fermo su una zattera che oscilla in un mare in tempesta, ma è la mia zattera, la conosco, so che effetto mi fanno i nodi del legno sotto le dita, mi danno sicurezza. Ciò che conosco mi dà sicurezza anche se mi fa stare male. E’ il paradosso di “aiutami a cambiare senza che cambi nulla”.
Uno psicoterapeuta non cambia il proprio paziente, né lo spinge al cambiamento. Gli si siede accanto e con pazienza ne coglie i sottili movimenti che lo conducono verso strade nuove rinforzandoli e sostenendoli. Nel tempo ho capito che i timori del cambiamento potevano essere descritti attraverso due metaofre: quella del bruco e la farfalla e quella dell’omino di cera. La prima è la fantasia che accompagna la maggior parte delle persone sostenuta da frasi roboanti come “ciò che per il bruco è la fine del mondo per il resto del mondo è una magnifica farfalla”. Questa visione è basata sull’idea che dopo un periodo di elaborazione e di buio ci ritroveremo di colpo qualcosa di diverso che contiene ancora il bruco ma è completamente differente. Fantastico. Ma, dice il paziente ammirando la farfalla alla fine del percorso, a me il bruco in fondo piace. Non potrò più zampettare sui rami e rosicchiare le foglie. Chi dice che la farfalla faccia una vita migliore? Di nuovo ciò che è conosciuto è più tranquillizzante dello sfolgorante futuro e si percepisce il timore della perdita di questa parte di sé così familiare che ci ha sostenuto nei momenti migliori e peggiori della nostra vita.
Il secondo timore è l’omino di cera. Mi vedo come una massa di cera che alla fine del percorso di cambiamento diventerà un omino ben formato, che ho plasmato con cura, con tutte quella qualità che desideravo, Ma se arrivasse un colpo di calore? Se cioè una volta superate le mie ansie e le mie angosce esse dovessero tornare alla prima difficoltà. Se non fossi riuscito a modellare qualcosa in grado di essere permanente?
Lavorando molto con le immagini, ho ragionato a lungo su una metafora che potesse essere di aiuto a chi affronta il cambiamento e che fosse allo stesso tempo un riflesso della mia convinzione di cosa il cambiamento sia per me. È nata così la metafora dei due alberi. Nel corso della nostra vita cresce un albero in noi. Esso con i suoi rami e le sue radici rappresenta il nucleo intorno a cui strutturiamo le nostre difese psichiche e da cui hanno origine le nostre risorse. Ogni volta che affrontiamo situazioni che ci procurano stress, ansie, angosce, ci appoggiamo al nostro albero che continua a crescere e ad intrecciare i suoi rami avvolgendoci in una rassicurante fortezza che ad un certo punto non può più evolvere. La corteccia si indurisce, i rami sono così intrecciati da non poter prendere nuove direzioni. Tutto è bloccato, ma protettivo e rassicurante…finchè funziona. In questo contesto il cambiamento non consente di trasformare l’albero, ma si verifica consentendo la nascita di un nuovo germoglio di fianco al vecchio tronco. Esso rappresenta le nuove modalità di approccio alle difficoltà che la persona sta iniziando a utilizzare. Il vecchio albero non scompare e non si trasforma. E’ lì ed è normale che quando le intemperie della vita saranno troppo intense la persona vi farà ricorso mentre il germoglio cresce. Più il nuovo albero sarà forte e maggiormente verrà utilizzato finchè l’individuo potrà scegliere di lasciare il vecchio trono dietro di sé anche se potrà sempre sentire il sussurro delle sue foglie al vento. Per quanto possiamo evolvere le nostre vecchie strutture non scompaiono, le nostre vecchie abitudini ci sussurrano da lontano, ma se il nuovo albero è forte non abbiamo più bisogno di ricorrere a loro.

Il narcisismo da disturbo psicologico a forma mentis di un’intera società

di OLIVIA NINOTTI

 

Ci stiamo dimenticando che si impara a stare con gli altri. 

E’ vero che l’essere umano è funzionalmente e neuro-biologicamente predisposto a relazioni complesse con un sistema altrettanto complesso di strumenti innati per farlo  e sviluppatisi nel corso dell’evoluzione (dal sistema muscolo-scheletrico della posizione eretta al linguaggio articolato). 

Tuttavia predisposizione non significa applicazione certa e standardizzata. 

L’essere umano non è una macchina perfetta pronta all’uso. Impariamo a stare con gli altri in un mutualismo interdipendente e inderogabile sin dallo stadio intrauterino. Le osservazioni e gli studi di Imbasciati, Dabrassi e Cena (2007) mostrano che “ la maturazione cerebrale è in relazione all’esperienza e che questa inizia ad essere esperita già dal feto. È l’esperienza che regola lo sviluppo micromorfologico e funzionale del cervello”. Per cui la maturazione è un processo che avviene solo se c’è l’esperienza e  la qualità dell’esperienza determina il tipo di maturazione.  

Si impara ad esser genitori e figli in una mutua sintonizzazione che a volte funziona, altre volte meno. 

Impariamo ad essere individui in una società intessuta di cultura e la società cambia con gli individui e le influenze di altre società e cultura. 

E la società con l’ibridizzazione delle culture muta più velocemente dell’Inconscio degli individui. 

E’ un concetto di continua osmosi delicato e non lineare ma fondamentale non solo per la crescita dell’individuo ma anche per la comprensione della psicopatologia. 

La capacità di diventare e sviluppare le competenze di abilità sociale dipendono ,aldilà di fattori genetici ereditari, dalla qualità e dal tipo di esperienze relazionali,  ambientali e terapeutiche. 

Ma per esperire bisogna essere anche in grado di farlo. 

E qui veniamo al nocciolo del problema. 

Quanto la predisposizione alla relazioni complesse non  funziona  ab origine e quanto invece avrebbe potuto funzionare ma viene intaccata da relazioni primarie/esperienze precoci disfunzionali? 

Le condizioni dello spettro autistico condividono con i disturbi della personalità alcuni fattori: entrambi sono definiti come disturbi persistenti che comportano la messa in atto di modelli comportamentali disadattivi duraturi, che deviano marcatamente dalle aspettative della cultura e della società e causano menomazioni clinicamente significative (DSM-5, APA 2013). 

Per esempio in età adulta  è difficile a volte condurre una differenziazione tra  il Cluster A (paranoide, schizoide e schizotipic),il Cluster C (evitante, dipendente, ossessivo-compulsivo) e un disturbo dello spettro dell’autismo oppure  il disturbo di personalità  di questi due cluster può co-esistere con una condizione dello spettro dell’autismo  e non sempre si può discriminare se sia la diretta conseguenza delle difficoltà primarie dell’autismo.  

Per il Cluster C,a livello comportamentale, negli ultimi anni anche  la diagnosi differenziale tra il disturbo dello spettro dell’autismo e il disturbo narcisistico della personalità può risultare difficile. 

In generale si è assistito ad un aumento delle diagnosi di autismo in età evolutiva e in particolare al riconoscimento maggiore anche del cosidetto autismo ad alto funzionamento in età adulta. Sono aumentate anche le autodiagnosi tramite test autosomministrati facilmente reperibili nel grande calderone di Internet. 

Certamente siamo più bravi a diagnosticare. Certamente accedere ai servizi di neuropsichiatria non è più uno stigma. Certamente il movimento della neurodiversità offre una contro-narrativa al modello medico e eleva il concetto di biodiversità allo sviluppo neurobiologico. 

Tuttavia pur sempre negli ultimi anni la ‘comparsa’ dell’autismo ad alto funzionamento femminile-per certi versi diverso e più complessivamente variegato di quello maschile-, di adolescenti e giovani adulti con tratti che assomigliano e si confondono con l’autismo ad alto funzionamento    ci obbligano ad una riflessione più ampia e più ostica rispetto ai tratti di narcisismo soprattutto di tipo covert ad espressione e strutturazione precoce . 

A volte la discriminazione  non è semplice neanche con una buona e approfondita anamnesi infantile. 

Ma il punto forse è che le persone con autismo mostrano spesso difficoltà nell’ empatia cognitiva mentre sono capaci di provare empatia emotiva.  

Le donne autistiche ad alto funzionamento sono bravissime nel mirroring ovvero nel riprodurre la comunicazione verbale e non verbale dell’altro  per creare un rapporto di sintonia e di empatia. E’ un sistema di adattamento e sopravvivenza  ,un camaleontismo relazionale che le porta ad apprendere e  comprendere quello che l’altro vuole prima che lo esprima. 

Al contrario, le persone con  tratti o disturbo narcisistico di personalità  mostrano principalmente deficit relativi all’ “empatia emotiva”, ovvero nella capacità di sintonizzarsi sull’emozione dell’altro,quindi nell’ esprimere  e sentire simpatia e compassione. 

Tutti gli individui hanno normali bisogni narcisistici e narcisistiche motivazioni ad agire (Kohut, 1977) ma possono esistere espressioni sane e patologiche di narcisismo, le prime di tipo adattativo, le seconde di tipo maladattativo. Gli aspetti maladattivi riguardano le modalità patologiche attraverso cui questi bisogni sono soddisfatti o il livello di disagio emotivo sperimentato quando questi non sono soddisfatti. 

 Il  narcisismo come tratto di personalità non necessariamente patologico,  può essere presente fin dall’età scolare e può condurre però a conseguenze negative nello sviluppo del bambino già riconoscibili nel corso della preadolescenza e adolescenza. 

Nella personalità narcisistica anche in fase di strutturazione evolutiva coesistono sia la ricerca degli altri ,nel senso però unilaterale di bisogno di riconoscimento esplicito di unicità, sia il distanziamento dagli altri , per l’incapacità di riconoscere e identificarsi con i sentimenti e i bisogni altrui (Masi e coll,2020). 

Gli altri sono riflessi di sé e servono a quello. Nel bene e nel male. La regola comune è rifuggire alla vicinanza con l’altro. 

In particolare il narcisismo covert o nascosto, detto anche sottotipo vulnerabile( Wink,1991;Young et al, 2007; Carcione & Semerari, 2017) si caratterizza per una maggiore vulnerabilità e fragilità rispetto al più conosciuto e riconoscibile overt-quello evidente, grandioso e manipolatorio. Il deficit nelle abilità sociali empatiche è però uguale in entrambe le varianti perché il covert vive di affetti negativi, l’overt è terrorizzato dalla paura di sperimentarli. La credenza erronea che mostrare i propri aspetti negativi o i propri difetti comporta   il  rifiuto da parte degli altri  produce sentimenti disfunzionali che a corto circuito isolano sempre di più e confermano l’idea di non esser capiti,apprezzati,amati: l’invidia, la vergogna, la paura di fallire, la sensazione di non essere adeguatamente apprezzati dagli altri vanno a braccetto con  il senso di mancanza di piacere, il disinteresse, il vuoto anche davanti ai successi. 

Quanti adolescenti e giovani adulti stiamo vedendo così? 

Anche prima della pandemia da Covid. 

Nelle stanza di psicoterapia o negli amici dei figli. 

Dietro un sentimento cosciente di megalomane superiorità ,i covert mostrano autostima fragile, perlopiù basata sui feedback esterni, e una spiccata sensibilità alle critiche.  

Sembrano ragazze o ragazzi autistici ad altissimo funzionamento ma non lo sono dal punto di vista neurobiologico e nosografico: spesso cognitivamente molto intelligenti, spesso appassionati di manga/anime o con interessi speciali che però non sono così speciali da assorbirli nell’entusiasmo ma nella loro chiusura autistica in camera, selettivi nel cibo ma perché non hanno piacere nel mangiare con gli altri, amimici, alessitimici, disempatici, autoreferenziali, apatici, bizzarri e con qualcosa di fenotipicamente androgino.. Dice la Grandin, autistica ad alto funzionamento, che con gli animali ha lavorato: “Negli zoo gli animali tenuti in gabbie di cemento nudo si annoiano e spesso sviluppano comportamenti anormali come dondolarsi e camminare a piccoli passi o a zigzag. Le bestie giovani collocate da sole in ambienti di questo tipo subiscono un danno permanente e manifestano comportamenti bizzarri simili a quelli autistici, diventando eccessivamente eccitabili e mostrando comportamenti di tipo autolesionistico, iperattività e relazioni sociali disturbate” (2011). 

Come nell’autismo hanno la diade sintomatologica nell’area della comunicazione sociale, perché non hanno appreso a comunicare e a interagire socialmente con gli altri, e nell’immaginazione. 

Il ricorso all’autolesionismo assomiglia molto alla fustigazione dei monaci medioevali. E’ il punirsi di non essere all’altezza come si dovrebbe. 

Allora viene da pensare. 

I bambini e adolescenti di oggi  sembrano lo specchio narcisistico di grandiosità onnipotenti o frustrate dei loro genitori. Abuso narcisistico, diceva Racamier 

Devono essere il meglio: non è ammessa la colpa, la contrizione,la fallacia. 

La responsabilità educativa è della scuola e degli altri contenitori/gabbie funzionali quando la famiglia dovrebbe essere il contenitore, il resto cornice. 

Quando questi contenitori saltano come per esempio è successo durante la pandemia, questi adolescenti e giovani adulti si scoprono diseppelliti e saltano. La loro IO pelle è troppo sottile perché costituita da quegli stessi contenitori esterni e non da una propria, come già nella metà del secolo scorso aveva intuito Rosenfeld. 

Nell’articolo di Masi,Muratori e coll (2020) gli autori invitano a riflettere sull’influenza che la società moderna occidentale ha sullo sviluppo dei tratti narcisistici in età evolutiva. Questa “cultura narcisista” caratterizzerebbe l’era del benessere delle società avanzate, in cui la crisi dei valori e altre complesse trasformazioni sociali avrebbero letteralmente stravolto il significato dell’esistenza dell’uomo facendolo per così dire “ripiegare su sè stesso”. Masi e Muratori scrivono che “La società, volente o nolente, influenza direttamente i bambini ma anche indirettamente attraverso i genitori e l’educazione che essi tendono a impartire ai propri figli. Il modo in cui i genitori si prendono cura dei propri figli affonda le radici nella società e nella cultura competitiva dei nostri giorni; l’ostinata ricerca del figlio perfetto che ci si aspetta di ottenere, la voglia di mostrarlo al mondo come essere superiore agli altri non fa che esacerbare gli aspetti narcisistici del bambino.” 

Ai figli si dà tutto e se hanno tutto, non è ammesso che si lamentino o soffrano. Il pensiero e l’empatia sono sostituiti con l’educazione del dare, avere e del contenere fisicamente. 

I social sono diventati un enorme contenitore di relazioni superficiali,superflue, immediate e senza contatto. 

Nella nostra società poi, anche tra noi sanitari, si sottovaluta che il più delle volte si trasmettono non malattie ma predisposizioni verso certe malattie piuttosto che altre. Si trasmette una maggiore o minore sensibilità ai traumi psichici piuttosto che disturbi o malattie psichiche (Osterrieth,1965). 

Nasciamo esposti e le esperienze di relazione possono cambiare la nostra traiettoria. 

Il disturbo neuropsichiatrico e psichiatrico per una società come la nostra è un’aberrazione inconcepibile tuttavia codificare una diagnosi ci mette al riparo da una riflessione più estesa e più complessa. 

 Ma spesso le aberrazioni ,intese come deviazioni disfunzionali dall’asse evolutivo, nascono dove c’è solitudine psichica e relazionale. Dove i bisogni personali sono l’unico movimento vitale per non sfuggire dal nulla ,per imitare e non pensare o, peggio, per espellere l’odio di sé che nessuno ha mai accolto, ascoltato, limitato e compreso.  

I figli possono assumere la forma mostruosa del riflesso di ciò che desideriamo per noi o di ciò che  ci impedisce di vivere, del disturbo rovinoso, della limitazione, della nostra impotenza.  

In entrambi i casi diventano lucidamente la proiezione perversa di noi.  

I figli,allora, si difendono chiudendosi, anestetizzandosi, bloccando i canali percettivi sensoriali e comunicativi e a loro volta ,questo stile di attaccamento,lo trasmetteranno ai propri figli. 

E la paura di non avere mai del bene per sé apre le porte al male assoluto individuale che è la perdita dell’empatia.  

Ma un albero può essere forte solo come la foresta che lo circonda,è una frase di Peter Wohlleben(2016) Ogni volta che un individuo perde empatia, significa che la foresta (la famiglia e la società) si è indebolita. 

 

 

Bibliografia: 

Osterrieth P. A., (1965), Introduzione alla psicologia del bambino, Firenze, Giunti e Barbera, p. 18. 

 Imbasciati A., Dabrassi F., Cena L., (2007), Psicologia clinica perinatale, Padova, Piccin Nuova Libreria, p. 4-7. 

Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erickson, p. 95. 

Young, E.J., Klosko, J.S. & Weishaar, M.E. (2007). Schema Therapy. La terapia cognitivo-comportamentale integrata per i disturbi della personalità. Firenze: Eclipsi 

Carcinone, A.; Semerari, A. (2017). Il narcisismo e i suoi disturbi. La Terapia Metacognitiva Interpersonale. Firenze: Eclipsi 

Muratori,P;Masi, G e coll. Eziopatogenesi e valutazione dei tratti narcisistici in età evolutiva,Riv Psichiatr 2020;55(2):71-78 Marzo-Aprile 2020, Vol. 55, N. 2 

 Wink P. Two faces of narcissism. J Pers Soc Psychol 1991; 61: 590-7. 

LA GRAMMATICA DEL GIOCO: SENSORIALITA’, RECIPROCITA’, RISONANZA

di Matteo Terranova

Sembrerebbe strano associare delle regole grammaticali a qualcosa di libero come il gioco, tuttavia già in passato artisti e designer, tra tutti Bruno Munari (1907-1998), hanno indagato leggi e costanti che favoriscono la fantasia e il pensiero creativo, negli adulti come nei bambini. Questo grande personaggio del secolo scorso aveva infatti inventato dei giochi e dei laboratori per stimolare la fantasia nei più piccoli (B. Munari, 2017).

Una pernacchia impertinente

Un padre di un bambino di quasi un anno sta riscoprendo il nascere del gioco nel rapporto con il figlio. Il gioco è diventato in questi mesi per il papà, il bambino e la mamma, una cosa “importante” permettendo  loro di esistere come famiglia, sopravvivendo ai vari lock-down, coprifuoco, lavoro e carenza di sonno.

Quando il padre torna a casa dopo una giornata stanco e si butta sul divano, ecco che suo figlio Leonardo gli fa una pernacchia impertinente, che non si può cogliere se non con una risata che ben presto contagia entrambi, e pure la mamma che è affaccendata.

Una pernacchia è infatti il modo migliore per finire la giornata e non prenderla troppo sul serio ma con distanza, con la giusta irriverenza e ilarità che fa vibrare i sensi, risvegliando e dando nuovo ritmo ai pensieri.

I ruoli sono rovesciati. Per questa volta non è il papà che cerca di consolarlo e farlo ridere come al solito, ma è lui che fa ridere il suo papà. Fa proprio qualcosa che fa ridere “a prescindere” e lo indirizza a  suo padre. Questo sentirsi dall’altra parte, più spettatore che attore in un rapporto rovesciato,  ha fatto sentire l’uomo proprio nel bel mezzo di un gioco.

Quando si gioca, si è tutti sullo stesso piano

Ecco qui la prima regola di un gioco ben riuscito: il rovesciamento della funzione dei ruoli. In questo caso padre-figlio. Nel gioco un oggetto o un’azione non devono mantenere il loro significato originario ma assumerne uno diverso, spesso contrapposto.

Una scopa usata per pulire per terra diventa un oggetto che fa volare come in Harry Potter o la Befana. Oppure, da semplice oggetto, diventa un fantastico destriero che ti fa cavalcare per il corridoio di casa. Prendiamo le parti del corpo con cui spesso i bambini giocano: le dita della mano impegnate nel trattenere la penna durante la scrittura diventano libere, possono trasformarsi in pistole o in ipotetiche gambe di calciatori per fantastiche partite sul banco di scuola.

Un gioco di pancia

Un altro esempio? La pancia.

Domenica scorsa il nostro papà era sdraiato sul divano senza già più energie, con il piccolo al suo fianco ancora bello attivo. Ad un tratto, con il minimo sforzo e senza accorgersene, si batte la pancia con la mano, abbozzando un ritmo (a Leonardo piacciono molto il ritmo e la musica) ed ecco che anche il piccolino inizia a battere a tempo sulla pancia del papà presto trasformatasi in un risonante tamburo!

L’interrogazione

L’altro giorno invece, un adolescente giunge in consultazione da un analista, esasperato dalle mille verifiche poste dalla scuola nel ritorno in classe dopo la DAD. I genitori sono preoccupati e lui è stanco e nervoso. Cosa fanno? Invertono i ruoli e giocano. L’analista mette in scena il ragazzo studente e lui l’adulto professore che lo interroga. Dapprima l’interrogazione verte sulla conoscenza dei “Simpsons”, una serie tv animata, successivamente passano all’inglese. Finiscono a parlare della presentazione preparata per l’interrogazione del giorno dopo e il ragazzo riesce ad esporla meno ansioso.

Diverse sono le “regole” del gioco e sarebbe interessante continuare a esplorarle…

 

SUGGERIMENTI PER ALLENARE LA “GIOCOSITA’”

  • Munari ,1997. Fantasia. Edizione “Economica Laterza” BARI.
  • Neverland, Un sogno per la vita. 2004. Film di Marc Foster con Johnny Depp narrante la vita di James Mattew Barry autore del romanzo “Peter Pan”.

Riflessioni sul fine pena MAI

Dott.ssa Olivia Ninotti

Amiamo pensare di poter prendere decisioni sulla nostra vita per due motivi sostanziali: al concepimento e alla nascita non ci siamo riusciti e per la morte non c’è diritto di scelta. Adesso le nostre libertà sono limitate.
E’ un po’ come essere al mare d’estate e fuori diluvia.
Non puoi andare in spiaggia, tutto è scuro, gli ombrelloni sono chiusi e magari hai affittato una casa che è 50mq per tre persone ma siete in cinque.
Hai pure pagato per quella settimana e non puoi uscire.
Ma vedrai gente che esce lo stesso. E’ matematico. Alcuni pure osano sfidare il meteo infame con la bicicletta.
Poi ci sono gli anziani .
Non li ferma manco la grandine…Una sottocategoria di loro più invecchia più assume le caratteristiche metalliche di IronMan :sotto la grandine fanno il rumore delle pentole in acciaio inox picchiettate da una gragnola di sassi.
Ma a meno che tu non abbia scelto di andare in vacanza nel periodo dei monsoni, il brutto tempo passa.
Nell’era COVID19 la sensazione invece è il fine pena mai. Questo è il vero problema.
Conseguenze.
a) Il mondo si sta dividendo in tre: agli estremi dello spettro i rispettosi delle regole fino al talebanismo e gli indifferenti. In mezzo, i fatalisti. All’origine c’è la stessa schizofrenia empatica per cui si proteggono alcuni animali e se ne mangiano altri. I bambini ad un certo punto hanno l’illuminazione che la coscia di pollo del banco frigo non nasce a terra come le zucchine ma poi insegniamo loro la disconnessione emotiva per cui ci sono le galline e le coscie di pollo. Li rendiamo fisiologicamente psicotici per la categoria cibo carnivoro.
b) Quella dell’uomo è una specie aggressiva di base come quella degli scimpanzè. In libertà, le Rhesus –maschio o femmina-puniscono ogni componente che non si conforma alle regole del gruppo. In cattività il comportamento di gruppo diventa feroce e disorganizzato: vigerà la legge del più forte e ogni outsider comportamentale verrà abbattuto. Noi esseri umani in circostanze critiche devolviamo. Alla fine dovremmo dircelo, tutte le scimmie antropomorfe discendono dai predatori bipedi come il Velociraptor o il Trodon.
c) Il senso di moralità è culturalmente radicato nel nostro sviluppo evolutivo perché da questo dipende la sopravvivenza del gruppo sociale. La differenza coi mammiferi infatti è che l’uomo non fa solo gruppi famigliari . L’uomo si organizza in società ovvero più clan uniti senza consanguineità. Da qui deriva l’idea che dobbiamo essere responsabili delle nostre azioni. ’Sta minchia e vediamo perché ancora a punti, ma usiamo i numeri.
1. Nell’infanzia e nell’adolescenza la Corteccia prefrontale (CPF), che frena l’impulsività e orienta in gran parte il comportamento morale, è ancora immatura. La quarantena dimostra che i nostri figli reclusi per un periodo non definito si trasformano in scimmie Rhesus in cattività.
2. Ma pure gli adulti non scherzano. La cattività da sensazione di quarantena infinita produce effetti collaterali neurobioendocrinologi non da poco. Figuriamoci se poi c’è già una fragilità neuropsichiatrica di base. La diminuzione della serotonina produce l’aumento dell’aggressività, dell’impulsività e dei comportamenti antisociali. Diminuisce l’ossitocina, brutta roba:non solo non comunica più al cervello che si è mangiato a sufficienza e quindi ci ingozziamo, ma soprattutto l’amigdala-centro della paura e dell’aggressività-spara a caso. Il nemico è tutto ciò che è fuori, virus o persona che sia. C’è il collasso della compassione intesa nel senso etimologico del termine.
3. Agli anziani la CPF funziona meno o male e infatti se sono in grado di muoversi autonomamente, sono quelli che escono di più. Il loro lobo limbico li induce a fare quello che li fa stare meglio: wandering (con o senza cane) e spesa ( 3 -6 volte al giorno che comunque ha come nucleo sostanziale il wandering ma finalizzato).
4. I runner ondeggiano tra la ricerca della gratificazione e la crisi di astinenza di sostanze psicotrope endogene. Ma non sono cattivi. Come i vecchi fanno quello che li fa stare meglio.

Ed è questo il punto. Che tutti usciremmo se potessimo. Perché uscire non è solo una libertà. Uscire fa bene. Non farlo predispone alla depressione, nel migliore dei casi.
Le endorfine, la prolattina, la neurotrofina BDFN, la dopamina e la serotonina combattono lo stress e si innalzano con lo sport e la luce. I vecchi,i bambini e i runner lo sanno in modo più o meno consapevole.
Ma le sostanze sovracitate fanno anche altre due cose.
Migliorano le abilità di analisi e di riflessione del mondo circostante potenziando o creando le connessioni nella famosa CPF.
E se la CPF è potenziata, il controllo sulle reazioni emotive è più adeguato.
In una situazione in cui l’incertezza della durata di una quarantena rischia di diventare un elemento traumatico per la popolazione, il succo è cercare allora di trovare un compromesso tra le restrizioni necessarie per l’abbattimento del contagio e la sopravvivenza dei nostri cervelli perché non si adattino ma imparino.
E per imparare i circuiti cerebrali devono essere nelle condizioni neurotrofiche adeguate.
Anche luce e movimento allora.
Gli effetti cognitivi, relazionali e sociali di un’emergenza purtroppo si possono vedere solo a lungo e medio termine e non possono essere scotomizzati da quelli epidemiologici di contenimento di una pandemia.
La visione dev’essere globale.
Come diceva J.Z.Young: “Un buon ambiente non è un lusso, ma una necessità”.
Altrimenti faremo le Rhesus in cattività, aggiungo io.

Le coppie al tempo della quarantena

Dott.ssa Olivia Ninotti

Le coppie al tempo della Quarantena La quarantena scatena nelle donne le pulizie ossessive e il Dono dell’Architetto d’Interno. E’ come se si aprisse un Terzo Occhio.Soprattutto nel weekend. Per l’uomo per esempio sarebbe necessario solo un piccolo specchio sopra il lavandino del bagno. Lei ai tempi pre-Quarantena ha accettato e lui lo ha appeso. Improvvisamente l’era COVID19 cambia le proporzioni. “Non mi piace, è troppo alto” sentenzia lei. Lui la fissa perplesso. “Se lo metto più in basso, mi rado il giugulo” “Ma io non mi vedo.” Lo sguardo di lui emette un laser a metro con misuratore a bolla tra il naso di lei e il centro dello specchio. “Come fai a non vederti?” “Non mi vedo tutta” “Ma non ti devi vedere tutta. C’è il lavandino.” Poi vorrebbe domandarle il motivo della necessità impellente di vedersi tutta ma il giro del cingolo lo avverte di tacere. “Non lo so..io questo lo metterei in corridoio..” “In corridoio? Io non faccio la barba in corridoio.” “No, no tipo punto luce che allarga. E sopra il lavandino mettiamo uno specchio 80 per 60”. Lui sa benissimo che lei sta tirando i numeri a caso,80 per 60 vuol dire per lei solo GRANDE. Ma non è quello. Sono le parole punto luce e allarga che hanno provocato la pulsione a DEFCON 3 del giro del cingolo. “Ma cosa dobbiamo allargare?” “Gli spazi.. Non senti anche tu che le mura soffocano?” “????” Intanto lei ,che mentre discute si muove, ha già popolato di oggetti ogni portaoggetti in bagno. E le mensole. Creme antiaging, creme all’acido glicolico con polistirolo e bava di lumaca, siero Vitamina C, deodoranti 48H, bagnoschiuma, shampoo per capelli crespi, shampoo per capelli secchi ma anche grassi, balsamo per capelli lunghi, balsamo per capelli colorati, balsamo per capelli biondi e delicati, balsamo per criniere equine, assorbenti per notte giorno salvaslip flusso medio normale emorragia, spazzole ,dentifricio gengive sensibili , dentifricio antitartaro, dentifricio zenzero e menta, salviette (intima, asciugamano, turbante per capelli bagnati, asciugapiedi)spugna normale e spugna scrub. Pazienza per le salviette: lui userebbe un unico asciugamano per asciugarsi tutto e per asciugare pure lei ma lei gli ha spiegato che è antigenico, lui non ne comprende il motivo, è schizzinoso solo nei capelli lunghi che trova eventualmente nella minestra. Comunque non è quello. Lui sa perfettamente che alcuni di quegli oggetti finiranno per essere soprammobili di cui lei non controllerà mai la scadenza. “Non fare quello sguardo ..” mormora lei, seccata . “Mi chiedo solo dove siano le altre..” “Quali altre?” “Le altre che vivono in questa casa. La bionda coi capelli crespi o la tinta con la pelle vecchia.. ” “Tu non mi capisci.” “Ma cosa non capisco?” risponde l’uomo che non capisce. Lei si rannuvola. “Non voglio che tu mi fraintenda..” Qui occhio,uomini,fraintenderete. Quindi durante la quarantena il dialogo e la comunicazione di coppia sono abolite. Uscite a fare la spesa o a comprare le sigarette.

Consigli di una mamma neuropsichiatra per i più piccoli

Dott.ssa Silvia Medri

La clausura in casa per i bimbi che frequentano di solito il nido o la materna è una bellissima avventura : possono
vedere sempre i loro genitori e non doversene separare mai, il loro mondo siamo noi e la nostra casa il loro regno .
Più difficile invece è sopravvivere per noi genitori ! La sensazione di reperibilità 24 ore su 24 è faticosa e opprimente , e rischia di inficiare la nostra modalità di relazione con loro…
Anche in questo caso come vale per i minori in età scolare é importante per noi e per loro strutturare una giornata il più possibile routinaria, che ci permetta di avere in mente quando occuparci di loro in senso qualitativo e quando darci un attimo di tregua .
Consiglio la colazione se possibile come orari tutti insieme, e cominciare poi la giornata con una bella canzone mentre ognuno mette a lavare la sua tazza!
Poi a seconda della nostra disponibilità oraria cerchiamo di dedicare loro qualche ora al mattino o qualche ora a pomeriggio -ma che sia più o meno sempre la stessa – per fare insieme dei lavoretti o dei giochi, tarati sui loro desideri .
Tendenzialmente sfruttare la televisione almeno quando siamo costretti a lavorare è in questo periodo consigliato, ci sono tantissimi programmi molto belli su qualsiasi rete televisiva . Possiamo se il lavoro ce lo permette restare nella stessa stanza con loro , noi a un tavolo loro davanti allo schermo con un volume decente, così da partecipare almeno fisicamente al “ tempo schermi”.
Ci sono sui tablet anche dei bellissimi giochi che stimolano a seconda dell’età le loro abilità , con i colori, le quantità , i numeri….
Non dimentichiamoci di strutturare nel corso della giornata del tempo dedicato alla attività fisica per loro: anche solo ballare o dare pugni a un cuscino per i maschietti o correre per tutta la casa ! È importante abbiano uno sfogo fisico permesso !
Cerchiamo poi il più possibile di coinvolgerli nelle attività domestiche , alla loro età é importante si sentano partecipi di quello che li circonda e responsabilizzarli con un compiti preciso tutto loro è una ottima idea: responsabile della pulizia del tavolo della cucina per esempio, tutti i giorni…è in modo per non renderli totalmente avulsi dal mondo concreto e continuare a farli crescere .
La sera la routine solita andrà per alcuni spostata un po’ più avanti come orari, è possibile che siano oggettivamente meno stanchi, non insistiamo se ci siamo accorti che è qualche giorno che non hanno sonno alla solita ora, piuttosto che litigare da oggi posticipiamo di una oretta tutte le procedure e leggiamo un libro insieme se ancora ne abbiamo la forza o guardiamoci una puntata di un cartone animato.
E finalmente … buona notte a tutti !

Consigli di una mamma neuropsichiatra

Dott.ssa Silvia Medri

La prima settimana di vaga euforia per le vacanze di carnevale prolungate ha lasciato il passo a una settimana confusa e disregolata. Le scuole pian piano con i mezzi che hanno a disposizione da lunedì hanno cercato di entrare nelle nostre case rifilandoci compiti più o meno gestibili … rimane in ogni caso un grande vuoto nei nostri figli: la loro vita autonoma dal nucleo familiare é completamente scomparsa da un giorno all’altro .
Come possiamo rendere loro più sensata la vita questo periodo? Più umana nel vero senso della parola? Non possiamo sostituire i loro amici, nè pretendere di essere i genitori di ieri.
Innanzitutto sfruttiamo (andando contro corrente a tutto ciò che fino a poco fa si diceva! ) le possibilità tecnologiche che il mondo virtuale ci offre: una chat tra compagni di classe e amici è in questo periodo essenziale … le piattaforme che permettono loro di condividere pensieri e stupidaggini sono boccate di ossigeno .
Non pretendiamo di essere i loro insegnanti, interveniamo in aiuto quando necessario nel limite delle nostre competenze, i docenti sanno perfettamente che tutto quello che viene proposto ora andrà ripreso poi da loro una volta rientrati nella normale frequentazione scolastica .
Strutturiamo una idea di giornata : rendere routinaria la vita quotidiana è fondamentale per i bambini e per i pre adolescenti , permette loro di sapere che esistono momenti di studio e concentrazione e altrettanto momenti di “libertà” . Condividere con loro il plannign giornaliero ( niente di eccezionale, un bel foglio con segnate le attività : per esempio dalle dieci alla una si studia, pausa pranzo, dalle due alle tre relax , dalle tre alle quattro ora di motoria, alle quattro si cucina si legge si suona… )ci permette anche di non piombare su di loro a orari casuali pretendendo si attivino a connettere il cervello salvo poi dimenticarsi di tutto con una telefonata di lavoro che ci distrae. Strutturiamo insieme ai momenti di studio e di relax una ora al giorno dedicata alla attività motoria e alla cucina, o alla musica per chi lo sa fare o osa provarci ! Ricordiamoci che non siamo i loro insegnanti ma possiamo solo “passare “ loro quel che già sappiamo …
Insomma rendiamoli autonomi nella gestione modulata insieme a noi delle loro giornate , rendendo anche noi meno sovraccarichi in concreto e cognitivamente. In bocca al lupo!

Gli adolescenti al tempo della quarantena: esalogo per i genitori

Dott.ssa Olivia Ninotti

Gli adolescenti sono un devianza parafisiologica dell’essere umano. Vediamo i punti fondamentali dal punto di vista neuroendocrinologico per una comprensione degli aspetti peggiori durante il periodo di quarantena.

1. La corteccia prefrontale (CPF) matura intorno ai 20 anni. La CPF serve per la programmazione e l’organizzazione di pensieri ed azioni,per l’impostazione dei limiti e della morale. Fino ai 12-13 anni i genitori assumono il compito di sostituti esterni della CPF, poi all’improvviso la pubertà fa capire ai figli che gli adulti non hanno più alcun potere di imporre loro il ruolo di carcerati in libertà vigiliata. Gli adolescenti non credono che il problema sia il loro cervello immaturo, ma i genitori.
Veniamo al punto successivo.
2. La pubertà è una miscela esplosiva di ormoni sessuali. Parte con l’attivazione del gene kiss 1, per cui si dice che “la pubertà inizia con un bacio” ma non c’è nulla di romantico. Il vantaggio darwiniano dell’attivazione della pubertà è quello di mettere giovani individui sani e vigorosi in grado di riprodursi. Ma i genitori vedono solo lo Sturm und Drang che li lascia basiti davanti ad una Cosa diventata impulsiva, quasi insensibile alle punizioni e predisposta all’ abbandono del nido. Siccome la CPF è ancora immatura, la Cosa non se ne rende conto e si controlla poco. Di contro i genitori hanno rimosso la loro , di pubertà: quando tornavano talmente ubriachi da un capodanno da accendere con un rutto la stufa a pellet o quando piaceva da morire il compagno di classe cannaiolo che non sapeva mettere in fila due frasi di senso logico e compiuto. In adultità dunque subentra il senso di vergogna della CPF e tutto finisce nel cassetto chiuso a chiave dell’ippocampo. Gli adolescenti non si comprendono più.
3. La melatonina si abbassa nel periodo precedente e durante la pubertà e la regolazione dei ritmi circadiani è influenzata dagli ormoni sessuali . Dai graziosi esserini pressappoco accondiscendenti degli anni prima, sorge un Pipistrello che alla sera non c’è modo di abbattere e al mattino sembra Nosferatu scoperchiato dalla tomba. In più , le luci artificiali (siano esse schermi o abat jour accesi vicino alla faccia del mammifero notturno che socializza soprattutto dopo le 17 a.m.) diminuiscono ulteriormente i livelli di melatonina nel loro sangue e alzano i livelli di allerta dei genitori. Il che significa abbattimento ultrarapido della vita di coppia in similitudine a quanto succede ai leoni nei parchi safari con il sole artificiale sparato nelle pupille per i giri by night dei turisti. E quindi veniamo al punto 4, più pertinente alla quarantena.
4. La domiciliazione coatta aumenta il cortisolo (l’ormone dello stress) e diminuisce l’ossitocina (l’ormone dell’attaccamento e dell’amore filiale-coniugale) che diminuendo abbassa la dopamina e le endorfine che diminuendo fanno scattare per circuito filogenetico primordiale la fame e in particolare la ricerca di carboidrati complessi. Il circuito della gratificazione praticamente cerca altri input. Ed ecco che si producono in casa dolci, pane, pizze in quantitativo da grande azienda con la stessa eccitazione maniacale dei tizi che fanno colazione nella pubblicità del Mulino Bianco. Ma c’è un ma: punto 5.
5. Le adolescenti sono quasi tutte a dieta o ci stanno attente. Il quantitativo industriale di carboidrati complessi, a cui le Ado hanno magari partecipato nella realizzazione, finisce nei corpi a basso livello di serotonina dei genitori, in particolare delle madri che sono cresciute con il Diktat “il cibo non si butta”.
Gli adolescenti maschi hanno fame per definizione, è il testosterone. Con il fagocitamento dei carboidrati complessi incrementano la quota di ATP mentale e muscolare e le soluzioni sono due: o si concede loro di fare i Pipistrelli in free climbing sulle pareti del condominio o si compra loro un sacco da boxe in cavi d’acciaio. La terza alternativa è lasciare che il coma glicemico li riduca a vegetali sdraiati sul letto con le cuffie.
6. La scuola per i Pipistrelli è soprattutto relazionalità da occupazione diurna ma anche fonte di stress cronico. Anche i docenti fungono da CPF esterna. La mancanza della frequentazione scolastica , dopo l’iniziale euforia maniacale da libertà acquisita in modo assolutamente inaspettato, porta nei giovani mammiferi ad una depressione da crisi di astinenza della fonte di stress e di controllo. Quindi usano i genitori come alimentatore esterno di cortisolo.
Come? Passando dall’ interpretazione esasperata dei dolori del Giovane Werther a quella della Fuga da Alcatraz con tanto di pupazzo in cartapesta nascosto sotto le coperte e lenzuola annodate dal balcone al marciapiede.

Per i genitori: appendete l’esalogo sulla cabina doccia- luogo in cui le Pipistrelle passano appese la maggior parte del tempo, o sullo sportello del frigo- portale di evasione universale per i Pipistrelli maschi. Voi genitori imparatelo a memoria come il Credo.
Sopravviverete.